Ma se cammino più in fretta, papà, come faccio a guardare tutte le cose che voi grandi non vedete?”
Le domande dei bambini hanno l’incredibile potere di spiazzare anche il più acuto dei pensatori.
Noi grandi vediamo tutto, controlliamo la realtà che ci circonda, la padroneggiamo con destrezza.
Ci muoviamo nelle circostanze con quella sicurezza di chi ha già fatto un pezzo di strada, di chi la sa lunga.
Magari abbiamo un buon lavoro, una casa accogliente, una vita comoda. Oppure non abbiamo nulla di tutto ciò, e perennemente insoddisfatti ci convinciamo che sia quello a definire la cifra di una vita.
Ci anestetizziamo le giornate focalizzandoci sui nuovi orecchini da comprare, la macchina più veloce, la promozione in ufficio.
Eccoci qui: vittime ignare della performance, prigionieri di standard autoimposti.
Avviene silenziosamente. Un giorno capita che vediamo tutto, ma non guardiamo più nulla.
E ci perdiamo tutto il bello, e non sappiamo più accorgerci del colore dei fiori.
L’opera di Carmela è semplice e potente, come le domande grandi dei bambini che ogni giorno lei accoglie a Figli in famiglia.
In questo luogo, un ex stabilimento della Cirio in rovina, oggi c’è un grande camino acceso nella sala accogliente, il calore del legno alle pareti, la tavola è apparecchiata. In questa casa c’è un posto per ciascuno.
Ogni dettaglio è curato, ogni gesto è mosso da un grande amore.
Qui si è tutti figli.
Si può imparare a vedere di nuovo: servono umiltà, pazienza, attenzione.
È faticoso? Sì, perché ce ne vuole per scrollarsi di dosso le immagini che ci costruiamo.
Ma ne vale la pena, forse, per guadagnare il colore dei fiori.
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